I due salici
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Dalla scuola in ospedale del Niguarda di Milano il racconto di una studentessa, una storia sulla ciclicità della vita attraverso la grande metafora della natura, una testimonianza del lavoro e della creatività dei ragazzi che rimangono in contatto col mondo scolastico durante la loro degenza ospedaliera.
In una piccolissima isola circondata da un mare color zaffiro, un maestoso salice viveva la sua vita su un alto promontorio della costa.
Gli abitanti erano affascinati da questo grande albero e i più romantici passavano intere giornate seduti sopra le sue radici a fissare il mare con aria sognante. I bambini ci andavano spesso per giocare e divertirsi, altri per disegnare la sua bellezza con colori sgargianti, i musicisti creavano le loro canzoni o suonavano brani che rispecchiavano le loro emozioni.
I turisti che arrivavano ne rimanevano colpiti immediatamente.
In un giorno di fine agosto, mentre il sole tramontava lentamente, lasciando riflessi color oro sul profilo del salice, un passante vedendolo in quella luce restò a bocca aperta. E un ricco turista, arrivato nell’isola per cercare riposo e tranquillità dal ritmo frenetico della città, decise di trattenersi e sedersi sotto l’albero per godersi lo spettacolo. Mentre lo ammirava, cominciò a ripensare alla sua vita piena di impegni, di lavoro, e pensò anche che era molto bello stare lì, si sentiva proprio bene!
Era la fine di ottobre quando completarono la costruzione della grandissima villa vicino al salice, tutti ne erano contenti, anche se molti bambini si rattristavano all’idea di non poter più giocare sul promontorio.
Il tempo passava lento, con i giorni, le settimane, i mesi, gli anni. Qualcosa cambiò.
Il bellissimo salice, che tutti amavano, si ammalò.
Moltissime persone cercarono di aiutarlo, guarirlo, ma non ci riuscirono.
In poco tempo venne fatto tagliare.
Tutto ad un tratto l’isola divenne buia, senza luce. Il sole sembrava spento, il cielo si oscurava. L’inverno era arrivato e gli abitanti erano tristi, sentivano che mancava qualcosa, il loro albero.
Era sempre stato il simbolo dell’isola. Il promontorio sembrò vuoto.
Con l’inizio della nuova stagione i turisti scarseggiavano, il sindaco della piccola cittadina cercò di trovare una soluzione.
Chiamò diversi contadini e ambientalisti e li incaricò di piantare un nuovo salice dove era situato l’altro.
Gli abitanti ne rimasero piacevolmente sorpresi e tutto riprese il ritmo naturale.
Il sole era caldo e alto nel cielo senza nuvole. Il piccolo alberello si nutriva dei raggi del sole e del fresco venticello che faceva muovere le foglioline verdi, la pioggia lo dissetava e la terra gli dava nutrimento.
Incuriositi dalla novità, i turisti ritornarono nella piccola isola, i bambini gli correvano intorno, i musicisti suonavano a festa, le coppie girovagavano abbracciate fino al tramonto, scambiandosi dolci baci, facendosi nuove importanti promesse d’amore, promesse che avrebbero mantenuto per tutta una vita. E così nel piccolo paese la vita continuò, con bambini che nascevano e anziani che se ne andavano, proprio come la storia del nostro piccolo salice, con una vita che finisce e un’altra che comincia.
Così e sempre.
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La scuola in ospedale Niguarda fa parte dei progetti Soave Kids: http://blog.edidablog.it/blogs//index.php?blog=87 e Pinocchio 2.0: http://blog.edidablog.it/blogs//index.php?blog=275, http://www.facebook.com/group.php?gid=139204519436108
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Il disegno è di Yolanda Choto, 10 anni, proveniente dalla Namibia, Africa con l’associazione Don Gnocchi. Le frasi scritte sul disegno sono state tradotte dall’inglese all’italiano.
Claudia Banfi